Icone e Metamorfosi Napoletane
Testo Critico

Lello Esposito è senz’altro uno degli artisti più rappresentativi del panorama dell’arte italiana contemporanea, un maestro capace di usare ogni linguaggio e di piegarlo alla sua straordinaria immaginazione. Le sue opere, tra pittura, scultura e installazioni monumentali, sono il risultato di una sofisticata miscela, che fonde la tradizione napoletana con l’avanguardia artistica. Tutte nascono da un’accesa passione creativa, frutto di intense emozioni plastiche e coloristiche. Da sempre egli vive a Napoli, appartiene a questa città, e concentra la sua ricerca estetica sul culto di un’identità napoletana e mediterranea, sugli archetipi, sui simboli della sua città e del suo immaginario culturale, giungendo a moderne, intense interpretazioni della tradizione e a nuove sperimentazioni artistiche e tecniche. Dal Pulcinella al San Gennaro, dal Vesuvio al corno, dall’uovo al teschio: queste sono le chiavi figurative riconoscibili della sua creatività, maschere popolari e figure antropologiche che segnano un percorso di vita e di arte lungo più di trent’anni. Con una straordinaria carica emotiva Lello Esposito ha liberato le tradizionali icone napoletane dai vincoli del passato, dagli stereotipi, e le ha innalzate a segni, a simboli – spirituali, totemici – di una metamorfosi universale. L’artista ha dimostrato di possedere la virtù di sintesi di equilibrata memoria tra l’immediato presente e il passato incombente. Con grande sapienza del mestiere, a suo agio tra pittura e tecnica scultorea – addomesticando di volta in volta, a suo piacimento, ogni tipo di materiale, dalla terracotta degli esordi, al bronzo, fino alla recente sperimentazione dell’alluminio –, Lello Esposito rinnova quotidianamente il miracolo della forza del simbolo, comunicando nella sua lingua madre.

In occasione della sua prima mostra americana, l’artista napoletano porta a New York un’accurata selezione di opere, frutto degli ultimi 15 anni di lavoro: si tratta di pitture, sculture, pitto-sculture e installazioni che coniugano, in modo geniale e creativo, materie primarie e mitiche della cultura e della natura mediterranee con le forme infantili del gioco e dell’avventura. Per raccontare di sé, del suo percorso di arte e vita, Lello Esposito ci parla dei segni, dei simboli di un passato che si tramanda, che possiede una grande tradizione, interpretata con attualità e donata con generosità. In questa rassegna egli intende comunicare proprio che la rigenerazione è il motore della vita, oltre la storia, e che il valore della metamorfosi è l’eterno e l'unico vero mito della condizione umana. Osservando il percorso della mostra si percepisce chiaramente l’evoluzione personale e artistica di Lello Esposito. Nella prima sala sono raccolti i lavori relativi alla figura di San Gennaro, cardinale e santo patrono della città di Napoli, da sempre presente nel repertorio iconografico dell’artista; nel secondo ambiente si propongono i Pulcinella e le pitto-sculture Ab-Ovo, mentre, nel lungo corridoio tra le due sale, sono destinati invece i lavori recenti, che coniugano il segno forte, incisivo della tradizione grafica mediterranea anche con l’effigie della Statua della Libertà di New York. E’ un’esposizione questa che rivela la natura vulcanica e l’intuito artistico di Esposito, precoce maestro di tematiche care all’arte espressionistica contemporanea italiana. In particolare, le pitto-sculture della fortunata serie Ab-Ovo, che propongono il tema dell’uovo come segno di speranza, di fede, di sorpresa e di rigenerazione, hanno aperto la strada a molte re-interpretazioni creative nell’ambiente artistico italiano. Con Ab-Ovo Esposito crea un’intensa, espressiva volumetria plastica che si regge sulla forza del simbolo dell’ovale grembo materno e che rimanda al concetto di una nuova nascita, modellata sulla incessante creazione del mondo (uovo cosmogonico). Il simbolo dunque è un concetto con il quale Lello Esposito si confronta quotidianamente, da quando ha dato vita al suo primo Pulcinella in terracotta, quello narrativo, descrittivo, mimesis della natura sagace partenopea.

Agli esordi il Pulcinella di Esposito ha le sembianze della maschera della commedia dell’arte: mostra i tratti di un carattere fatto di irrefrenabile loquacità, di grande generosità e le espressioni a volte rudi e a volte leziose. Il soggetto racchiude allo stesso tempo un qualcosa di antico e di contemporaneo: Esposito usa le tecniche e i materiali degli artisti del Settecento ma con un’originalità del tutto reinventata. Successivamente egli rinuncia all’oleografia degli inizi e i Pulcinella perdono la maschera, mostrando il nudo viso, diventando, sia in pittura che in scultura, segni stilizzati, forme stigmatizzate, totemicamente spirituali. La maschera resta un contenitore universale e viene adesso utilizzata dall’artista con disinvolta quanto appassionata voracità e attitudine ‘predatoria’, per raccontare l’eterno dramma della sua città, la sua provata ambiguità. Napoli è madre e matrigna, dunque fonte inesauribile di ispirazione, di gioia e di dolore. Carico di rimandi evocativi, il tema della maschera è caro all'artista. La maschera significa 'il guardare attraverso'. Dai buchi degli occhi, le maschere sembrano guardare sconosciute e profetiche lontananze, e con un'espressione di raccoglimento ascetico che ne rafforza il simbolismo. Il ruolo fondamentale che spetta al volto è quello di esprimere l’anima nel modo più chiaro. Nel corpo umano il volto possiede la misura estrema dell’unità interna. Un cambiamento, che, realmente o apparentemente, riguarda soltanto un elemento del viso, ne modifica subito tutto il carattere e l’espressione: un tremito delle labbra, il naso arricciato, il modo di guardare, il corrugare la fronte. Esposito sembra rinunciare a tutto questo, al ritratto e all'autoritratto, affidando alla maschera o ai volti irrigiditi come maschere, il compito di comunicare. Ma la maschera per Lello Esposito è come un autoritratto. Con questa l'artista prende posizione, inscena se stesso, gioca più o meno credibilmente un ruolo recitato. Con questa vive una molteplicità di sentimenti: come Eraclito, piange sul mondo, e come Democrito, vi ride sopra. E guardando lo spettatore, è compreso nella sua derisione. Oggi gli ultimi Pulcinella creati da Lello Esposito, per la carica espressiva delle forme e per la magia che racchiudono, sono contenitori di uno spirito primitivo, totem dell'originaria metafora. Proprio come figure totemiche possiedono frammenti di una spiritualità superiore, ovvero la magia del simbolo che si rinnova, si reincarna. Sono stralunate figure fiere e disperate, maschere tragiche non prive di una prepotente carica di angosciata esibizione. Il segno, quale identità del simbolo, è anche alla base delle installazioni dei bastoni in alluminio della serie dei Cardinali e della serie America. Nato come estensione ideale della figura di San Gennaro, come un’eruzione spirituale, il modulo del bastone pastorale dell’opera dei Cardinali rappresenta ciò che unisce il basso all'alto, la terra al cielo; è simbolo di proiezione verso l’alto, è una colonna-totem, materializzazione della forza vitale, tramite tra il non-essere e l’essere. Concettualmente l’installazione coglie anche il valore semantico dell’elemento rappresentato: l’etimologia della parola Cardinale, inteso come figura perno attorno alla quale volge la Chiesa, rimanda infatti a càrdo, cardine, sul quale si sostiene qualcuno o qualcosa. L’idea del sostegno allora prende forma nella solida struttura impalata nella terra e nella verticalità del bastone, che dunque è cardine e cardinale. Anche l’opera della serie America coniuga la raffinata tecnica scultorea, la ricerca sui materiali, con le universali condizioni del simbolo quale rivestimento del pensiero. Le vibrazioni delle superfici scultoree, che reagiscono alla luce in modo variabile, alternano una staticità di forte presenza plastica a ricerca sulla mutevole intensità del sentimento. Lello Esposito lavora quotidianamente e instancabilmente, forgiando metalli, bronzo e alluminio e modellando argilla e cera. Di certo non trascura la produzione di quadri di grandi dimensioni, dominato dalla voglia di andare ‘all’estremo’, d’incontrare la propria immagine nei grumi, nelle sbavature, nelle impetuose accensioni dei colori sulla tela. Prese dall'urgenza di esistere le sue opere pittoriche restano legate alla materia vischiosa che le ha create, il colore. Questa massa cromatica è forma e anima, è madre-materia: ebollizione, affioramento, sanguinamento, calcificazione, eruzione. Nel metabolismo della natura, l'anima non è separata dal corpo, non è altrove, ma è nel corpo stesso, nella materia. Allora Esposito - così come lavora la creta, il bronzo, la terracotta, l’alluminio - gestisce la tela, e si dà alla materia, la vive su se stesso. A queste alchimie metallurgiche l'artista unisce il gesto, perché la pittura non deve stare solo su un piano, ma protendersi al di qua della superficie del quadro, invadendo lo spazio dell’esistenza.

Manuela Annibali